6. La Chiesa di Massafra

Nel 1947, dopo la guarigione di Gino, mio padre si convertì all'Evangelo.

Mia madre, come ho già detto, quando andava a Mottola a visitare la sua famiglia, approfittava dell’occasione per andare ad ascoltare la predicazione della Parola di Dio nella chiesa battista. In quel periodo, a Massafra, non c’era ancora una vera e propria comunità di credenti di fede evangelica, così mia madre chiese al pastore battista di visitare i credenti di Massafra per portare il messaggio della Parola di Dio. Mio padre, che si era convertito, non vietava più a mia madre queste cose, anzi proprio lui non vedeva l'ora di andare al culto a Mottola per pregare e ascoltare la predicazione dell’Evangelo insieme a sua moglie. Il pastore battista si dispose, di tanto in tanto, a frequentare casa nostra per delle riunioni in cui ci parlava del Signore. Nello stesso periodo, incominciarono a venire saltuariamente da noi anche il fratello Michele Andrisani da Matera e il fratello Raffaele Pignone da Bari. Loro si offrivano di svolgere i culti in casa nostra.

Nel 1947, nacque ai miei genitori un'altra bambina (tanto attesa da me, che scrivo) che fu chiamata Antonia Rosa e fu la prima figlia a non essere battezzata da piccola secondo la tradizione cattolica.

La nostra casa era composta da una sola stanza di cinque metri per cinque nella quale si svolgeva la nostra vita familiare. C’era anche un piccolo atrio, dal quale mio padre riuscì a ricavare una cucina che coprì con delle tettoie e nel resto del recinto scavò nel terreno una vasca per i battesimi. Nonostante fosse un alloggio piccolissimo e affollato, lì si svolgevano i culti e, durante i servizi battesimali nell’atrio, molti vicini di casa e passanti si affacciavano dal muretto che lo circondava e osservavano incuriositi; alcuni si sedevano sul muretto e assistevano all’intera funzione. Tra questi si convertirono Vito Ramunno e sua moglie Maria; il fratello Vito era falegname e costruì una ventina di semplici panche in legno senza spalliera dove ci sedevamo durante i culti. Dopo le riunioni, quella stessa stanza veniva suddivisa da alcune tende in quattro parti, e gli stessi banchi venivano disposti in un primo quarto di stanza, uno accanto all'altro, in modo da formare un grande letto dove appoggiavamo dei materassi su cui dormivano tre dei miei fratelli. Nell'altro quarto di stanza c'era il letto nel quale dormivano i miei genitori; nel terzo quarto di stanza, invece, c'erano delle brandine apri e chiudi dove dormivano i più piccoli; l'ultimo quarto di stanza, infine, veniva utilizzato come sala da pranzo. Posso dire, però, che quella casa così piccola fu tanto benedetta dal Signore; in essa si convertirono molte anime, battezzandosi in quella vasca che aveva costruito mio padre.

Non solo in quella stanza si facevano tutte queste cose, ma si ospitavano anche fratelli che venivano da altre parti d'Italia e dall'America. Quando i fratelli non potevano venire a predicare, mio padre li sostituiva e rendevamo comunque il nostro culto a Dio. Anche se non sapeva leggere poi così bene, veniva guidato dallo Spirito Santo e le anime erano benedette, perché il Signore era con noi e sosteneva in tutti i modi la nostra semplice fede. Si andò avanti così per diversi anni.

Negli anni 1949 e 1950, i fratelli iniziarono a venire a casa nostra in maniera più assidua, e iniziò a visitarci anche il fratello Francesco Giancaspero, che veniva da Triggiano, in provincia di Bari.

Ricordo un episodio in particolare: alcuni giovani cattolici, che avevano saputo delle riunioni che si tenevano in casa nostra, un giorno fecero finta di voler ascoltare con noi il messaggio di Dio. In realtà, avevano la chiara intenzione di prendere in giro gli evangelici avendo già preparato nelle mani dei sassolini che avrebbero lanciato. Quando il pastore cominciò a leggere nella Bibbia il passo in Isaia 40:3 “La voce di uno grida: Preparate nel deserto la via del Signore, appianate nei luoghi aridi una strada per il nostro Dio”, uno di quei giovani, di nome Salvatore Convertino (catechista cattolico), riconoscendo che ciò che si stava leggendo era parte della Bibbia, impedì agli altri di lanciare i sassi. Alla fine della riunione nacque un dibattito tra quei giovani e i credenti, durante il quale Salvatore accusò mia madre di non essere coerente sulla questione degli idoli e delle statue, in quanto sul comò, dietro al pulpito (in realtà era il tavolo che veniva utilizzato a mo’ di pulpito), c’era una bambola di pezza con la quale giocavo io, che avevo circa 9 anni…

Continuarono a discutere e, non sapendo più controbattere alle parole che uscivano dalla bocca dei credenti evangelici, quei ragazzi pensarono tra di loro di organizzare un incontro insieme ai preti di cui si fidavano per tutte le questioni religiose. Quando tutti furono andati via, mia madre, pur di non lasciare fraintendimenti, buttò la mia bambola e io promisi a me stessa che, se un giorno ne avessi avuto l’opportunità, avrei tirato a quel giovane una pietra in testa.

Una domenica mattina, tornarono con padre Isidoro e diversi monaci e preti di varie associazioni proprio all’ora in cui iniziava il culto. Il fratello Santoro (primo pastore della chiesa di Massafra) si dispose a parlare con loro solo a culto terminato. Essi accettarono e assistettero a tutta la riunione. Quando il culto fu concluso, iniziò il dibattito e Salvatore salì in piedi su una di quelle panche per seguire l’incontro tra la folla che si era creata e fece nel suo cuore la prima preghiera spontanea della sua vita: “Signore, se la verità sta dalla nostra parte guida padre Isidoro in quello che dirà, altrimenti guida le parole di questo pastore evangelico, perché io desidero servire Te.” Dio cominciò a parlare al suo cuore e, in seguito a questa esperienza, iniziò a leggere la Bibbia. Qualche tempo dopo partì per il militare e si convertì all’Evangelo.

Nel 1958 divenne mio marito.

Il gruppo dei giovani di fede cattolica, tra cui anche mio marito Salvatore, allora catechista (nella prima fila il terzo da sinistra)

Il gruppo dei giovani di fede cattolica, tra cui anche mio marito Salvatore, allora catechista (nella prima fila il terzo da sinistra)

Nel 1951, i miei genitori poterono permettersi di comprare un suolo di 150 metri quadrati per costruire una casa nuova, più grande. Mio padre prese la decisione di adibire la stanza più grande di casa all’opera di Dio, e così fu. Nel 1953 fu tutto realizzato con l’aiuto del Signore, e lì si tennero i culti fino al 1957. In seguito, il Signore provvide alla chiesa di Massafra un primo vero e proprio locale di culto, in Via Paisiello.

Il fratello Santoro, parlando con i fratelli del consiglio di chiesa, fece presente la necessità di acquistare un suolo per costruire il locale, poiché il Signore aveva salvato tante anime ancora, e la stanza di casa nostra non era più sufficiente a contenere il numero dei fedeli. I fratelli Ramunno Pierino, Ettore e Antonio si offrirono di costruire le mura, e mantennero l’impegno dato. Purtroppo, però, al termine del loro lavoro mancavano i soldi per costruire il solaio.

I miei genitori avevano corrispondenza con alcuni fratelli americani, che avevano conosciuto e ospitato tempo prima. Il fratello Convertino Salvatore, che allora era il mio fidanzato, con il permesso dei miei genitori scrisse loro una lettera per presentare questa necessità. Dall’America, così, giunsero le offerte per il completamento dell’opera di Dio e il primo vero e proprio locale di culto, con l’accesso libero a chiunque volesse entrare ad ascoltare la Parola del Signore, fu finalmente aperto.

Sono molto legata al ricordo di quel locale, sia per le grandi benedizioni che il Signore ci diede, sia perché i primi credenti a celebrarvi il loro matrimonio fummo proprio io e mio marito. Siccome, però, allora il matrimonio religioso non era riconosciuto dallo Stato, il giorno prima ci sposammo al Comune, mentre il giorno dopo il fratello Sergio Zucchi (pastore della chiesa di via Emilia, a Taranto) venne a celebrare il culto al Signore e a festeggiare la nostra unione davanti a Dio.

Il gruppo della Scuola Domenicale con il fratello Santoro, il primo in alto a destra

Il gruppo della Scuola Domenicale con il fratello Santoro, il primo in alto a destra

L’opera Sua, così, ha continuato ad andare avanti fino a oggi, e per Sua grazia è stato necessario cambiare locale di culto altre volte, perché tante anime si sono convertite al Signore.

Nel 1954 nacque l’ultimo dei miei fratelli, Elia, che, come tutti gli altri figli, diede il cuore al Signore impegnandosi nel servizio cristiano attivamente.

Mamma gioiva e dava gloria a Dio nel vedere Donato, Antonio ed Elia servire il Signore predicando la Santa Parola di Dio in Italia e all’estero.

Tutto era fatto per la Gloria di Dio.

I miei fratelli e sorelle con i rispettivi coniugi, davanti all’attuale chiesa di Massafra, in via Brindisi (1996)

I miei fratelli e sorelle con i rispettivi coniugi, davanti all’attuale chiesa di Massafra, in via Brindisi (1996)